BigXthaPlug – I Hope You’re Happy: il fuoco che fonde rap e country e insegna qualcosa anche all’Italia

BigXthaPlug – I Hope You’re Happy: il fuoco che fonde rap e country e insegna qualcosa anche all’Italia

Il 22 agosto 2025 BigXthaPlug ha pubblicato I Hope You’re Happy, terzo album in studio e già pietra miliare. Un disco che non si limita a mescolare generi, ma crea un nuovo lessico sonoro, dove trap texana e country sudista convivono, si scontrano e si abbracciano. Per chi in Italia sogna un’evoluzione del country contaminato, qui c’è molto da imparare.


Traccia per traccia

1. Intro (con Darius Rucker)
Una porta d’ingresso che spiazza: il timbro blues di Rucker apre il disco con malinconia, quasi fosse un prete ubriaco che benedice la strada. BigX entra in punta di piedi, poi scarica un flow ruvido che spezza il silenzio. È dichiarazione d’intenti: questo non è country “ospitato” nel rap, ma un ibrido nuovo.

2. Bitter Roots
Qui BigX scava nelle radici familiari, nel peso delle origini. La chitarra acustica è sporca, riverberata, mentre la batteria trap martella. Il risultato è un suono che potrebbe benissimo ispirare un “country italiano sporco”, fatto di polvere e malinconia ciociara.

3. Crossed Lines (feat. Bailey Zimmerman)
Un duetto intenso: Zimmerman porta il canto aperto e sincero del country moderno, BigX lo incastra con barre lente, sofferte. Due lingue diverse che si parlano senza bisogno di traduzione. È l’esempio più chiaro di come il country possa non essere folk patinato, ma confessione grezza.

4. I Hope You’re Happy (title track)
La canzone centrale, manifesto dell’album. Qui BigX lascia cadere la maschera: c’è rancore, ma anche un filo di perdono. La produzione alterna minimalismo acustico a beat pesante, come se due mondi si passassero il testimone. Una lezione per chi in Italia pensa che il country non possa raccontare l’amore tossico e la rottura.

5. Whiskey Tears (feat. Jelly Roll)
Probabilmente la traccia più emozionale. Jelly Roll porta il gospel del dolore, BigX ci costruisce sopra un flusso da confessionale notturno. L’Italia avrebbe bisogno di pezzi così: brani da osteria, che parlano di bicchieri mezzi vuoti e anime mezze spezzate.

6. Lone Rider
Un brano più rapido, con il sapore della strada e del viaggio. È qui che il rap torna a dominare, ma gli arrangiamenti mantengono quel respiro aperto che richiama le highway americane. Se pensiamo alle strade polverose della Ciociaria, ecco il potenziale del country contaminato nostrano.

7. Ashes in the Rain (feat. Ella Langley)
Una ballata crepuscolare. Langley porta la delicatezza, BigX risponde con un rap quasi sussurrato. È la dimostrazione che la vulnerabilità non è debolezza, ma un’arma. In Italia, spesso il country è ancora legato alla caricatura. Qui, invece, c’è autenticità.

8. Broken Promises
Il lato più trap dell’album. Beat pesante, rime crude, ma in sottofondo resta un tappeto di steel guitar. È come se la tradizione fosse un fantasma che non smette di perseguitare la modernità. Questa tensione è ciò che rende il disco unico.

9. Homebound (feat. Shaboozey)
Un brano che unisce due generazioni di “cowboy urbani”. Shaboozey porta la sua estetica da hitmaker country‑rap, BigX risponde con barre che sembrano nate in una prigione. Il contrasto è potente. Un pezzo che mostra come l’evoluzione del country passi dalla strada.

10. Last Light
Il brano conclusivo: voce quasi spezzata, arrangiamento scarno, come una preghiera laica. BigX chiude l’album lasciando sospesa una domanda: la contaminazione è un punto d’arrivo o un punto di partenza? Forse entrambe le cose.


Un ponte con l’Italia

Il disco è un manuale su come prendere il country e strapparlo via dall’immaginario da cartolina. In Italia il country potrebbe trovare nuova vita se contaminato con rap, folk dialettale, rock sporco. Proprio come BigX prende Nashville e Dallas e le mette nello stesso bicchiere, così il “country italiano” potrebbe prendere la Ciociaria, l’Emilia, la Sardegna e sporcarle con beat urbani.

BigXthaPlug insegna che non serve scegliere tra tradizione e innovazione: si possono bruciare i confini e camminare sulle ceneri.


Conclusione

I Hope You’re Happy è un disco che fa discutere, divide, ma non lascia indifferenti. È il futuro della contaminazione musicale americana, e un invito per chi, in Italia, vuole spingere il country oltre i suoi limiti. Se il futuro del nostro country deve nascere, dovrà avere questa stessa urgenza: raccontare verità, sporcarle di polvere, e accenderle con una lanterna che non si spegne.

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